Viaggio nella Calabria grecofona, cosa vedere e cosa fare a Gallicianò e Amendolea Antica
![Vista della piazza principale dove si affacciano edifici in pietra locale. Da una finestra sventola la bandiera della Grecia. Su un palazzo vi è l'insegna degli anni Sessanta del telefono pubblico](https://static.wixstatic.com/media/a27d24_68e931251c2d496f955852e62630f4d8~mv2.jpg/v1/fill/w_960,h_659,al_c,q_85,enc_auto/a27d24_68e931251c2d496f955852e62630f4d8~mv2.jpg)
L'estate è alle porte, dopo mesi di quarantena è tempo di tornare alla ricerca di luoghi insoliti dove trascorrere un weekend o più giorni. Quest’oggi ti porto in Calabria una terra dal cuore d'oro, ricca di tesori nascosti che conservano la loro anima segreta lontano dall'apparente clamore dei social. Il percorso si disloca nella Bovesia nei pressi dei Monti di Bovi, nota come zona metropolitana di Reggio Calabria grecofona, ed include 2 borghi molto particolari, ma procediamo per ordine.
La prima meta del nostro viaggio nel tempo è Gallicianò un borgo del comune di Condofuri, arroccato su uno sperone all'interno del Parco Nazionale dell’Aspromonte. La sua posizione isolata ha permesso che si conservassero fino ai giorni nostri tradizioni culturali e artigianali locali, ma ciò che più mi ha stupito è la sua unicità linguistica, infatti è l’unico paese interamente ellenofono. Sì, hai capito bene qui si parla il greco di Calabria per questo è nota come “l’Acropoli della Magna Grecia” e molti termini risalgono al sec VIII a.C., ma la sua “grecità” sopravvive anche nelle tradizioni musicali, gastronomiche e coreutiche.
L’origine non è certa, probabilmente è dovuta alla migrazione degli abitanti di Callicium (Macedonia – Grecia) che dopo esser stati attaccati dello stato Bulgaro, si trasferirono in Calabria per cercare riparo e fondarono così Gallicianò; oppure risale all'epoca dei possedimenti romani appartenuti alla famiglia patrizia Gallicius.
Questo piccolo borgo di 60 anime che domina la valle dell’Aspromonte è rinomato oltre che per la sua lingua, anche per il forte senso dell’ospitalità infatti, appena arrivata vengo accolta da due signori del posto che felicemente mi accompagnano in questo viaggio nel passato.
A Gallicianò sembra realmente che il tempo si sia fermato: ci sono pochissime auto e spesso di vecchia data, le comari conversano in strada e su un palazzo è ancora affissa la vecchia insegna del telefono pubblico degli anni Sessanta!
La prima tappa è la piccola Piazza di San Giovanni Battista con la chiesa omonima con campanile, che all'interno conserva la statua di San Giovanni Battista realizzata a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Di fronte vi è un sagrato dove si festeggia fino all'alba, l’arrivo dell’Anno Nuovo davanti al falò propiziatorio a ritmo di musica e tarantella.
Mentre passeggio tra le viuzze con casette basse in pietra locale, dove sventolano le bandiere dell’Italia e della Grecia, mi fermo ad ammirare due anziane signore che stanno cucendo, ma c’è qualcosa che non mi convince…
Le mie fidatissime guide mi spiegano che quella è una coperta di ginestra, realizzata con le fibre di questa pianta con fiori gialli che cresce nei terreni più impervi e aridi e che qui si trova in abbondanza, un’antica tradizione che sopravvive in poche aree calabresi.
Resto qualche minuto ad ammirare le abili mani che velocemente si muovono sulla stoffa per poi dirigermi al Museo Etnografico Anzel Bogasari - Merianoù (ingresso gratuito). Il percorso è diviso per sale dove si trovano gli attrezzi dei pastori e contadini con l’antica terminologia in grecanico; i filari per tessere la ginestra, la seta e la lana; manufatti in legno che riproducono antichi disegni di scuola bizantina; oltre ad una sala arredata con il mobilio molto semplice di una tipica abitazione di pastori o artigiani di Gallicianò.
![interno del museo etnografico dove si vede l'allestimento di un'abitazione tipica di un artigiano di Gallicianò. Alle pareti vi sono antichi utensili, pentole; una scrivania, una vetrinetta](https://static.wixstatic.com/media/84d469_6bfed77846d747ffab6b407b23e62a4b~mv2.jpg/v1/fill/w_780,h_600,al_c,q_85,enc_auto/84d469_6bfed77846d747ffab6b407b23e62a4b~mv2.jpg)
Dal museo mi dirigo verso la chiesetta ortodossa Panaghìa tis Elladas (Madonna di Grecia) aperta al culto nel 1999 dopo l’allestimento di una vecchia abitazione, curato dall’architetto-artista Domenico Nucera detto “Mimmolino l’Artista”. All’interno sono conservati l’antico fonte battesimale, due campane, lucerne fittili e la statua di San Giovanni del XVI sec. L’impianto in pietra locale senza intonaco è molto semplice, alle pareti si trovano piccole tavolette lignee con immagini della tradizione ortodossa e dal soffitto in legno scendono lampadari dorati; in questi piccoli e silenziosi spazi si respira un’aria impregnata di religiosità e pace.
![Facciata della Chiesa Ortodossa in pietra locale, con campanella esterna per richiamare i fedeli alla preghiera](https://static.wixstatic.com/media/84d469_0bcc50d19b1f4529ae6f33de1fb61d87~mv2.jpg/v1/fill/w_720,h_960,al_c,q_85,enc_auto/84d469_0bcc50d19b1f4529ae6f33de1fb61d87~mv2.jpg)
Non posso lasciare il borgo prima di essermi dissetata presso la Fontana dell’Amore (Cannalo Tis Agapi), mi spiegano che è così chiamata perché secondo una leggenda, fu proprio qui che una donna del paese s'innamorò di un giovane mentre lavava i panni, e se lo dicono loro perché non crederci?!
![fontana sovrastata da edicola con la Vergine, sul muro scritte in greco calabrese indicano il nome del luogo](https://static.wixstatic.com/media/84d469_59c65a05dd9744159648cc33cab62f67~mv2.jpg/v1/fill/w_720,h_960,al_c,q_85,enc_auto/84d469_59c65a05dd9744159648cc33cab62f67~mv2.jpg)
E’ tempo di rimettermi in cammino, dopo un caloroso saluto alle mie guide e alle persone incontrate lungo i vicoli, salgo in macchina e mi dirigo verso un borgo fantasma che si trova a 30min d’auto. Per questa visita ti consiglio di indossare scarpe da trekking e di andare prima che faccia buio poiché non vi è un impianto di illuminazione.
Amendolea Vecchia è un paesino arroccato sulla sponda della fiumara omonima dove scorre il fiume Alece/Alice e si dice che fu proprio questo fiume navigabile a favorire la colonizzazione greca verso l’interno; ora è ridotto ad una fiumara quindi ricco d’acqua in inverno e scarno in estate. Il nome Amendolea sembrerebbe derivare dalla presenza di mandorli “mmenduli” che da sempre ricoprono le sponde.
![Ruderi del Castello di Amendolea, con muro orlato e rocce a picco](https://static.wixstatic.com/media/84d469_2eeea267426c46c0938a50fb643c9fce~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_707,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/84d469_2eeea267426c46c0938a50fb643c9fce~mv2.jpg)
Le origini del paese non sono note, molte sono le storie ricostruite in base ai resti murari e si pensa che in passato qui vi era una colonia greca, passata nelle mani romane per poi perdersi nel tempo. Nel XII sec grazie alla sua posizione ben riparata e difficilmente raggiungibile, assume importanza politica divenendo nodo centrale di tutta la zona (Condofuri). Nel 1624 passa nelle mani della famiglia Ruffo che non lo controllò mai direttamente per via della posizione impervia e della lingua grecanica qui parlata. I fiduciari che lo governano stremano gli abitanti con tasse altissime, inoltre la mancanza di strade e le scarse risorse alimentari portano alla fame la popolazione, un problema che ricorre negli anni tant'è che nel 1801 il sindaco vieta l’abbattimento di querce poiché le ghiande sono la base per fare il pane.
Il terremoto del 1908 e l’alluvione del ’56 hanno portato alla migrazione degli ultimi superstiti verso la nuova frazione costruita ai piedi della rocca.
Per accedere a quello che un tempo era Amendolea Vecchia si passa per una strada asfaltata di recente, poi si sale una lunga scalinata e si varca la prima stanza, un tempo adibita a cisterna per l’acqua che, nonostante la vicinanza della fiumara, non era facile da reperire.
Purtroppo, i terremoti che dal Settecento al XX sec hanno scosso questa terra insieme all'abbandono lo hanno reso un borgo fantasma composto da ruderi, spesso non facili da interpretare.
L’atmosfera è quasi surreale, non c’è nessuno, il silenzio regna sovrano, a tratti è interrotto dal cinguettio di qualche uccello o dal ronzio degli insetti, unici abitanti del posto.
Il panorama è movimentato dalle torri realizzate in varie epoche, la più antica è la torre-cappella palatina insieme alla torre-mastio ed al muro con 3 grandi finestre. Una torre, mi spiegano successivamente, presenta l’ingresso al primo piano perché un tempo accessibile tramite un ponte levatoio. Oltre alle strutture del castello sono visibili i resti delle ex abitazioni sopravvissute fino al secolo scorso, si vedono i muri perimetrali e poco più. Questo borgo nonostante fosse piccino era ricco di Chiese e i cartelli indicano le rovine di queste:
![](https://static.wixstatic.com/media/84d469_e89c893838a041898a5625aee5f6663f~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_763,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/84d469_e89c893838a041898a5625aee5f6663f~mv2.jpg)
Chiesa di Santa Caterina e le sue mura perimetrali e l’abside;
Chiesa di San Sebastiano del XII sec con affreschi ed il bellissimo campanile;
Chiesa della SS Annunziata di origine bizantina con il fonte battesimale e la statua della Vergine di scuola Gaginiana;
Chiesa di San Nicola con affreschi bizantini appena visibili.
![Campanile a due piani con tetto spiovente](https://static.wixstatic.com/media/84d469_dd5a16328d2d4dbe8ee564302a12e53f~mv2.jpg/v1/fill/w_840,h_1026,al_c,q_85,enc_auto/84d469_dd5a16328d2d4dbe8ee564302a12e53f~mv2.jpg)
Il panorama da qui è bellissimo: sotto di noi la fiumara scorre a valle verso il mare che s’intravede tra i verdi rilievi montuosi, e così, attratta dal dorato sole che tramonta lascio questa piccola bomboniera e mi dirigo verso la costa ionica alla scoperta di nuovi posti...
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